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I MIGRANTI MAPPANO L'EUROPA
MIGRANTS MAPPING EUROPE
Esplorare Bologna, "terra di tutti"

Nausicaa Pezzoni


BEYOND THE INABILITY OF A CONTINENT

Questioned about its welcoming policy which is dramatically showing the weakness of a community project reluctant to include the other than itself, Europe is called upon to reconsider its identity to fulfill the idea of plurality on which it was founded. 
Barriers of barbed wire, of police task forces, of control and containment devices, are erected as walls against the epochal migration flow. These boundaries are constantly pulled down by the impetus of poverty and war pressure. Barriers deny the dynamism of a territory whose geography has been reshaped several times, even in recent history, by its shifting borders; furthermore, they refuse the mobility of populations in a globalized world which movement is the nature of time. 
Barriers overshadow the raison d'etre of the continent that has been derived its "multiple unity" from cultural contamination generated by crossings. By denying what fundamentally features its identity and its present time, Europe is in danger of closing in on itself, seeing itself as a fortress, instead of thinking itself as a project of habitability whose conditions have been the premise and purpose of its formation. 
These series of articles contributes to constructing an image and a project of the European territories beyond the boundaries of geographical and cultural identity, tied to a representation of itself excluding what has not already been included. 
These articles offer an explorative path aimed at opening a dialogue with the immigrants, from the planner and territorial researcher's point of view, who might become a truly active and creative voice in giving shape and thought to our present time.



8 | ESPLORARE BOLOGNA, "TERRA DI TUTTI"


A Bologna si è svolto, nell'ottobre 2015, il "Terra di Tutti Film Festival", una rassegna di cinema sociale e arti performative dal sud del mondo, promosso dalle Organizzazioni Non Governative di cooperazione internazionale allo sviluppo GVC (Gruppo di Volontariato Civile) e COSPE (Cooperazione per lo sviluppo dei Paesi Emergenti). In occasione della "nona edizione speciale per l'anno europeo dello sviluppo 2015" l'appuntamento, tradizionalmente dedicato al cinema, si è trasformato in festival multidisciplinare a cui partecipavano diverse associazioni selezionate in base alla creatività dei progetti proposti sul tema migrazioni e sviluppo. Il "Terra di Tutti" è diventato "Art Festival" ed è in questo contesto che l'associazione Yoda [1] ha proposto un progetto di esplorazione del territorio con i migranti ospitati nel centro di accoglienza di Villa Aldini, invitandomi a esportare a Bologna il metodo di indagine della città sradicata.
Il programma prevedeva tre incontri: un laboratorio di realizzazione delle mappe di Bologna con un gruppo di una ventina di migranti; un itinerario in bicicletta costruito sulla base dei luoghi identificati nelle mappe, da percorrere con gli autori stessi; una presentazione pubblica in una delle sedi del festival, il Teatro Permanente Occupato (TPO).

Villa Aldini è un'ampia residenza neoclassica posta alla sommità del Colle dell'Osservanza, da cui si domina l'intera città. Di proprietà del Comune di Bologna, dal 2011 è stata adibita a centro di prima di accoglienza per i profughi; dal 2014, la Villa ha ospitato gruppi di immigrati salvati da "Mare Nostrum" [2] e provenienti dall'Africa centrale, dal Pakistan e dal Bangladesh.
Il laboratorio, intitolato "Migrant Mapping Bologna", era aperto a tutti gli ospiti della casa; nei giorni precedenti l'incontro, un gruppo di migranti vi si era iscritto formando un elenco affisso nell'atrio d'ingresso della villa, altri partecipanti si sono aggiunti il pomeriggio stesso, attratti da quanto stava avvenendo nel locale usualmente adibito ai corsi di italiano o alla preghiera.
Come a Rovereto, anche a Bologna mi sono trovata davanti a un insieme di persone con cui condurre un'intervista collettiva; e anche in questa occasione, a una prima presentazione del progetto e del metodo di lavoro, è seguita una spiegazione più approfondita e diretta con ciascuno dei partecipanti nella lingua accessibile a ognuno: italiano, inglese, francese con la traduzione di un'operatrice presente, e in qualche caso mandinka tradotto dai compagni.
Mentre l'intervista si è svolta ripercorrendo il medesimo schema sperimentato ne La città sradicata e riproposto nel contesto di gruppo di Rovereto [3], la rappresentazione delle mappe è avvenuta in questo workshop con una sorprendente rapidità da parte di tutti i partecipanti nel recepire le indicazioni ed elaborale in modo creativo.



Il consueto, inevitabile salto nel vuoto che occorre compiere davanti al foglio bianco, si è ridotto a Bologna a pochi minuti di spaesamento cui è seguito, nell'incredulità dei presenti compresa me stessa, un intenso lavoro interrottosi soltanto dopo più di tre ore di fervida concentrazione.

I migranti intervistati a Bologna rappresentano un campione relativamente omogeneo: sono in Italia da un tempo poco più lungo rispetto al gruppo di Rovereto (da quattro mesi a un anno al momento dell'intervista), abitano e hanno abitato fin dal loro arrivo a Bologna nella struttura d'accoglienza di Villa Aldini, sono tutti in attesa dei documenti per ricevere lo status di rifugiato. La conoscenza della città, i percorsi quotidiani dal luogo dell'abitare ai riferimenti principali dello spazio urbano, così come i luoghi in cui svolgono le attività pubbliche (nodi) sono comuni a tutti gli intervistati: un fattore che contraddistingue l'esperimento di Bologna facendone un caso di studio a sé stante [4].

9 | IL PERCORSO CICLABILE TRACCIATO DALLE MAPPE

La prima lettura delle mappe è stata orientata a riconoscere i luoghi rappresentati dai migranti e a ricondurli all'esatta posizione su una carta tecnica, in modo da poter costruire l'itinerario in bicicletta previsto per una delle giornate del Festival, a distanza di tre settimane dal laboratorio. Obiettivo del tour in bicicletta era quello di percorrere insieme i luoghi identificati sulle mappe intrecciandoli con altri punti di riferimento storico e culturale utili ad approfondire la conoscenza della città; l'itinerario è stato dunque sviluppato integrando i punti segnalati nelle mappe con alcuni luoghi topici di Bologna [5] per il loro valore artistico o perché sedi di attività significative per l'inclusione dei migranti nella vita della città. Di seguito sono specificate le tappe di questo particolare attraversamento urbano.  

PARTENZA dalla Stazione Centrale
1. da piazza Medaglie d'oro a Montagnola (un CONFINE della città)
2. da Montagnola alla piazzola del mercato (un NODO)
3. percorrendo via dell'Indipendenza, arrivo alla Fontana del Nettuno (uno dei PERCORSI più frequenti)
4. Sala Borsa, Piazza Maggiore, Questura, Chiesa di S. Petronio (i RIFERIMENTI della città)
5. passando dal Museo Civico arrivo alle Torri (RIFERIMENTO)
6. dalle Torri all'Università (NODO) percorrendo via Zamboni e fermandosi al Teatro Comunale e alla Pinacoteca Nazionale
7. da via Zamboni, attraverso il Conservatorio e la Basilica di Santo Stefano, ai Giardini Margherita (NODO)
8. passando da via Castiglione/Vittorio Putti/Codivilla arrivo al Centro Amilcar Cabral (NODO)
9. attraversamento di via dell'Osservanza verso Villa Aldini (LUOGO DELL'ABITARE)
10. attraversamento della parte ovest della città, passando da S. Francesco, dalla Cineteca di Bologna, dal Cinema Lumière, per arrivare al TPO
ARRIVO al TPO: Presentazione pubblica delle mappe dei migranti e illustrazione del progetto



L'ultima tappa, quella al Teatro Permanente Occupato, prevedeva un'ulteriore esperimento rispetto alla realizzazione e all'interpretazione delle mappe: una presentazione pubblica, da parte dei migranti, della propria immagine della città.
L'ipotesi di proiettare le rappresentazioni acquisite digitalmente, e di chiedere agli autori di descriverne i tratti e i relativi significati, comportava per ciascuno dei partecipanti una disposizione dall'esito completamente incerto: dopo lo sforzo di riconoscere e raffigurare gli elementi più importanti dello spazio urbano, si trattava ora di condividere pubblicamente quanto rappresentato trovando le parole e il senso con cui poter trasmettere un'esperienza intima di relazione con la città.
Ciò che è avvenuto non è stato soltanto un esperimento di partecipazione, e di comunicazione in più lingue, o al di là della lingua: è stato un incontro segnato da una intensa, sorprendente apertura. I migranti coinvolti nel progetto, chi con prontezza, chi in modo più titubante, chi ancora con il casco della bicicletta in testa, erano pronti a spiegare la propria mappa raccontando nelle diverse lingue possibili, davanti alla platea dei presenti, la propria idea ed esperienza della città.
Nello scorrere della serata, con i racconti pur accennati e mille volte interrotti dei partecipanti, si andava formando, attraverso la mediazione delle mappe, una narrazione collettiva che faceva affiorare un tessuto relazionale dalle maglie straordinariamente strette.
Il laboratorio di mappatura, il tour del pomeriggio attraverso i luoghi rappresentati, e infine l'incontro con un pubblico esterno al progetto, hanno reso possibile oggettivare un'esperienza della città che ha permesso di costruire una maggiore consapevolezza dell'abitare il primo approdo da parte di tutti i soggetti coinvolti. I cittadini bolognesi presenti al TPO hanno potuto scoprire, nella relazione peculiare tra i nuovi abitanti e la città, una stratificazione del vivere urbano prima sconosciuta; i migranti, nel processo di apprendimento e immaginazione dello spazio innescato con il disegno, hanno potuto pensarsi come abitanti di quella città di cui, attraverso le mappe e il loro racconto pubblico, si erano esplicitamente appropriati.


NOTE
[1] L'Associazione Yoda (Youths for Development Alchemy) propone interventi di cooperazione internazionale nei paesi in via di sviluppo e organizza ogni anno a Bologna il Festival del turismo responsabile.
[2] L'Operazione Mare nostrum è stata una vasta missione di salvataggio in mare dei migranti che cercavano di attraversare il Canale di Sicilia dalle coste libiche ai territori italiano e maltese, attuata dal 18 ottobre 2013 al 31 ottobre 2014 dalle forze della Marina Militare e dell'Aeronautica Militare italiane dopo il tragico naufragio del 3 ottobre 2013 avvenuto a poche miglia dal porto di Lampedusa, nel quale persero la vita 366 migranti.
[3] Per la descrizione dell'intervista semi-strutturata si rimanda al punto 5 del testo Città d'approdo: Rovereto.
[4] A Milano il criterio per la costruzione del campione era stato dettato dalla ricerca di un'eterogeneità non soltanto rispetto ai Paesi di provenienza degli intervistati, ma anche rispetto ai luoghi frequentati nella città e dunque ai modi di vivere e attraversare lo spazio urbano; anche il gruppo di Rovereto presentava diverse situazioni abitative seppure la maggioranza abitasse in un campo profughi. Per una descrizione dei criteri di costruzione del campione nell'indagine condotta a Milano vedi cap. 3.2.1. "Tre sguardi sulla città: la costruzione del campione", in Pezzoni (2013), La città sradicata. Geografie dell'abitare contemporaneo. I migranti mappano Milano, O barra O edizioni, Milano, p. 91.
[5] I luoghi segnalati sulle mappe sono evidenziati in grassetto, in corsivo quelli inseriti per arricchire la conoscenza della città.


 

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