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Book review
Verso un progetto di territorio:
immagini per Monfalcone e il
Mandamento goriziano, E. Marchigiani

Sara Basso

Verso un progetto di territorio. Immagini per Monfalcone e il mandamento goriziano racchiude gli esiti di una lunga e articolata riflessione su un territorio che comprende otto comuni della provincia di Gorizia (Monfalcone, Staranzano, Ronchi dei Legionari, Fogliano Redipuglia, Sagrado, San Canzian d’Isonzo, San Pier d’Isonzo, Turriaco e Doberdò del Lago), uniti nell’associazione “Città mandamento”. Un’area strategica nell’ambito della regione Friuli Venezia Giulia - grazie anche ad un’importante dotazione infrastrutturale, come l’aeroporto di Ronchi dei Legionari e il porto di Monfalcone - e dall’accentuato dinamismo, condizioni che la candidano a ricoprire il ruolo di snodo nei rapporti sia con l’est che con il nord Europa.
Promosso dalla Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Trieste, questo lavoro - che ha coinvolto docenti, ricercatori, studenti, enti e istituzioni locali (Comune di Monfalcone, Associazione Città mandamento, Associazione Città Comune) - si misura con una sfida non nuova, ovvero quella di trasformare l’intercomunalità nell’opportunità di costruire un progetto comune per questo territorio, facendo confluire i piani di sviluppo delle singole realtà che lo compongono entro una visione unitaria. Elena Marchigiani la restituisce portando a coerenza gli esiti del confronto tra gli attori coinvolti in un quadro di senso chiaramente esplicitato nella struttura del testo, in cui ci sembra di poter ritrovare con altrettanta chiarezza i passaggi del processo di costruzione di un progetto di territorio.

Le quattro sezioni in cui è diviso il libro denunciano l’intento di una riflessione che si è mossa simultaneamente su campi diversi, mantenendo una fertile e continua connessione tra descrizione e ipotesi. Nelle prime due parti (Domande dal contesto Territori del mutamento) il racconto proposto ricostruisce le condizioni al contesto, dapprima attraverso una più specifica lettura dell’ambito del Mandamento, poi ricollocandolo all’interno del più ampio quadro previsionale riferito alla scala extraregionale. La terza parte, invece, riporta gli esiti del workshop progettuale Scenari e progetti per una nuova città a cui hanno partecipato studenti e professori della Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Trieste e docenti esterni. Dal workshop è emersa una molteplicità di idee e di ipotesi progettuali i cui risultati concorrono, unitamente al resto della ricerca, alla definizione dell’ultima parte del libro. È, questa, dedicata alle Linee guida: presentate come “indirizzi per le azioni future” offerte alle amministrazioni dei comuni, riportano al presente le immagini di un futuro possibile, indirizzando le possibili azioni progettuali verso le trasformazioni compatibili con gli scenari prefigurati.

I saggi interposti al testo, infine, ricollocano i temi specifici affrontati sul terreno di una più generale riflessione, lasciando spazio ad un’apertura critica sullo stato dei territori della contemporaneità e sulle modalità con cui oggi ne affrontiamo lo studio e il progetto. Così, nell’ambito del più generale resoconto di questa esperienza, e nella varietà dei contributi che la restituiscono, emergono questioni che fanno di questo ‘caso’ l’occasione per delineare i temi di un più ampio dibattito. Cerco qui di delinearne, brevemente, solo alcuni tra i molti possibili. Il primo, quello più evidente, allude all’imprescindibilità della descrizione come strumento di avvicinamento alla comprensione e al progetto dei luoghi. È ormai da un tempo lungo - dagli anni ’80 - che si continua a ragionare sulla descrizione come tramite per la comprensione del più generale mutamento ascritto alla contemporaneità. Ricerche come quella presentata in questo volume suggeriscono l’ipotesi che sia giunto il momento per tornare a riflettere sul senso e sul ruolo che possono avere oggi pratiche attente di lettura e interpretazione dello spazio.
Cosa oggi può dirsi realmente pertinente nell’osservazione di uno specifico territorio? E, soprattutto, in che modo, e con quali forme di progetto, ciò che di rilevante viene evidenziato dai racconti più interessanti può farsi oggi più chiaramente esplicito? Sono interrogativi che dobbiamo necessariamente porci se vogliamo rispondere alle domande di cui gli stessi territori si fanno portatori. Ci muoviamo ancora su strade incerte, ma la consapevolezza di aver accettato le condizioni poste dalla contemporaneità ci autorizza ad abbandonare definitivamente la costante aspirazione all’ordine in cui trovare rassicuranti razionalità relazionali, gerarchie e subordinazioni, lasciando invece il passo ad una ricerca maggiormente concentrata sulla definizione di ciò che può accogliere l’occasionale, il diverso, lo spontaneo o l’interrotto. È, inoltre, attraverso tentativi come questo che si è spinti a ribadire che la strada più favorevolmente praticabile possa essere quella di ragionare su quale sia il supporto (territoriale) più idoneo a rispondere efficacemente alle inevitabili future variazioni rispetto a previsioni che, ormai lo abbiamo imparato, non possono e non devono essere deterministiche.

Un ulteriore tema, che non può sfuggire neppure ad una veloce consultazione del testo, rimanda al ruolo preminente che ha ormai acquisito l’immagine come strumento per comunicare, sintetizzare e promuovere ‘il’ progetto. Lavori come quello sul Mandamento goriziano rappresentano un valido tentativo per ovviare alla sempre più generalizzata tendenza alla proliferazione di disegni che possono distogliere l’attenzione dall’obiettivo principale, ovvero quello di mantenere l’unitarietà di una visione che si propone di essere comune, quindi condivisa dai molti attori coinvolti, in primo luogo da chi abiterà quel territorio. Soggetti che dovranno essere posti nelle condizioni di comprendere e far propria l’immagine di un futuro che troppo spesso viene affidato alla seducente efficacia proiettiva e comunicativa dei mezzi grafici che oggi abbiamo a disposizione. Diventa necessario allora compiere uno sforzo per riconoscere quali figure, tra le molte possibili, si prestino meglio a restituire il senso comune dei luoghi nel loro costante divenire, e ad intercettare idee che implicitamente già sussistono. E proprio alle Linee guida il lavoro di Elena Marchigiani sembra affidare il ruolo di delineare queste figure delper il cambiamento. Le stesse linee guida come forma del progetto suggeriscono un’ulteriore tema che meriterebbe certo una riflessione più ampia di quanto qui si possa fare.
Non appare trascurabile rilevare, infine, il ruolo strategico che nel processo progettuale e nella sua restituzione acquisisce l’attenzione per i contributi che giungono da ricerche sutemi di forte attualità, in primis l’abitare e il paesaggio. Temi che possono indurre ad abbandonare definitivamente approcci funzionalisti al progetto, e concorrere a valutare modi per una nuova ‘ricomposizione’ urbanistica capace di coordinare in modo efficace spazio, attori, strumenti e tecniche.

Sara Basso, Dottore di ricerca in Urbanistica, è professore a contratto dei corsi di Progettazione Urbanistica e di Tecniche e Pianificazione Urbanistica, rispettivamente presso la Facoltà di Architettura e presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Trieste. Collabora inoltre alla didattica presso lo IUAV di Venezia.


 

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