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12 | Navigando a vista sulle strade del Veneto
Ruben Baiocco
SPV è un mediometraggio realizzato per mostrare alcuni dei luoghi interessati dalla prossima realizzazione della Strada Pedemontana Veneta ed ascoltare i commenti di 18 differenti testimoni diretti e osservatori qualificati sul senso, i rischi e i possibili impatti dell’opera.
Voluto dall’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori (OAPPC) delle Province di Vicenza, nella forma del reportage, il film ha come obiettivo quello di attivare una riflessione ad ampio spettro sulla complessa vicenda di progettazione, finanziamento e realizzazione di un’opera considerata, almeno in origine, di vitale importanza per l’economia locale.
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L’opera, in gestazione da oltre vent’anni (il tracciato è stato approvato nel 1990), ha aperto il primo cantiere nel novembre del 2011 in uno scenario territoriale, economico e sociale notevolmente mutato.
Il documento filmato, la cui sceneggiatura appare come il frutto di una stretta collaborazione fra regista e rappresentanti delle componenti professionali promotrici, si colloca, vale la pena sottolinearlo, in un momento temporalmente preciso: il film viene pubblicato nell’agosto del 2011, ad anticipare di lì a poco la posa della prima pietra della nuova infrastruttura. Il timing sembra significativo per decifrare i motivi e le aspettative che hanno spinto gli autori e i promotori a scegliere la rappresentazione in video per attivare una riflessione e porre all’attenzione pubblica la rilevanza di un opera territoriale di una superstrada che attraversa le due province di Treviso e Vicenza, nei loro versanti storicamente più industrializzati. Due sembrano le motivazioni della scelta di un tale strumento di comunicazione e due le finalità.
• La prima riguarda la necessità di segnalare la presenza attiva delle componenti tecniche e culturali che gli ordini professionali rappresentano nel territorio e darne piena visibilità; la vicenda più che ventennale di un’opera infrastrutturale definita di rilevanza strategica – ma che come avviene spesso in Italia, è poi caratterizzata da processi istituzionali, se non controversi, molto estesi nel tempo – rischia di far perdere il senso della effettiva necessità delle motivazioni, del progetto e della realizzazione dell’opera stessa. Il tempo lungo, la natura dei processi decisionali estranei all’evoluzione del contesto e delle posizioni delle forze professionali locali, sembra infatti aver escluso queste ultime da ogni scelta possibile sulla natura dell’opera stessa. Il fatto che un progetto approntato più di venti anni fa possa essere ancora attuato così come lo si era pensato allora, senza neppure i necessari adeguamenti a fronte degli avanzamenti delle discipline tecniche, della percezione dei valori in gioco, della rilevanza che hanno assunto alcune dimensioni come quella del paesaggio e dell’impatto ambientale sulle trasformazioni fisiche dei contesti, sembra essere il monito lanciato con il film da architetti pianificatori paesaggisti e conservatori. L’opera, si fa capire, ricollocata in uno scenario molto cambiato non potrà vivere in se stessa, avrà bisogno di essere rimodulata alla luce di ciò che è mutato, anche nel modo di interpretare le situazioni e di dare risposte a differenti questioni territoriali, ambientali economiche e sociali. Conseguentemente, la rappresentazione video è apparsa ai suoi promotori come lo strumento più adeguato a restituire una sintesi difficile, ma accettabile, forse non del tutto compiuta, della complessità delle questioni in gioco, delle differenti posizioni (inevitabili data la misura dell’intervento e l’impatto previsto sul contesto locale) dei soggetti coinvolti come portatori di diversi interessi; in generale, restituire quella “fluidità” fra ruoli, processi e interessi, che caratterizza la natura delle relazioni delle società avanzate contemporanee e che un’opera di questa natura, ora e in questo momento, rende esacerbata.
• Il secondo ordine di motivi è da ricondurre al referente principale con cui il film entra in un dialogo pur indiretto, veicolando un messaggio che non ha lo scopo di approvare o disapprovare la scelta delle istituzioni di dar corso ad un’opera che il tempo trascorso ha reso discutibile. Piuttosto, il film rende evidente la necessità che sia presa in considerazione, data la decisione di procedere, la molteplicità dei fattori, delle prospettive, dei saperi che occorre includere nella valutazione – e quindi nel progetto – delle conseguenze che la Strada Pedemontana Veneta e i territori – o paesaggi – che attraversa. Nonostante il linguaggio scelto (la comunicazione filmata) offra potenzialmente uno strumento adatto a raggiungere un pubblico esteso e diversificato, il referente cui il messaggio sembra indirizzato risulta invece limitato – forse per il limite delle modalità argomentative – agli stessi enti promotori del film, e alle forze imprenditoriali locali (che hanno contribuito finanziariamente alla sua realizzazione con FOAV Federazione regionale degli ordini degli architetti del Veneto, Confindustria Vicenza e Credito Trevigiano) e a quelle politico istituzionali che ne hanno patrocinato la realizzazione. Nonostante il film sia orientato a promuovere una strategia dell’attenzione rispetto al complesso sistema delle implicazioni che l’infrastruttura porta con sé, la visione del filmato dà la sensazione che il suo interlocutore sia tutto interno al network dei soggetti portatori dei saperi e delle capacità finanziarie o istituzionali capaci di influire sulla realtà.
Nonostante questo è di sicuro interesse la scelta di chi, per veicolare la sua richiesta di condivisione ma anche di confronto aperto fra il mondo professionale e quello imprenditoriale con le istituzioni locali, abbia individuato nella rappresentazione in video il mezzo più adeguato alla circolazione tempestiva, ma soprattutto ripetuta, del suo messaggio, in una forma che possa comunque istituzionalizzarsi e restare come documento rilevante, capace di affermare l’indicazione di quali possono essere, e con quali rinnovate competenze, i soggetti adeguati ad occuparsi della complessa questione dell’impatto della realizzazione della SPV. Il film ri-accende potenzialmente un processo decisionale da cui molti si sono in diversa misura sentiti esclusi.
La struttura narrativa del film, fra altre possibili, sembra confermare questa interpretazione. Costruito come un flusso di opinioni in cui si susseguono sequenze di voci e volti di persone informate sui fatti – tecnici, studiosi, un musicista di chiara fama conosciuto per il suo coinvolgimento nelle questioni ambientali, rappresentanti di istituzioni private e pubbliche, proprietari di aree sottoposte ad esproprio, ecc. – i suoi passaggi successivi restituiscono e argomentano da punti di vista differenti problematiche concernenti la realizzazione della strada così come suggerita dal progetto, intervallate e sovrapposte a visioni dei luoghi coinvolti. La descrizione del contesto fisico è ottenuta con efficaci riprese effettuate dall’alto, dalle quali pur tuttavia potrebbe risultare difficile, ad uno spettatore che non conosca i singoli luoghi, capire se queste riguardano specificatamente il sedime della futura infrastruttura o più in generale i diversi contesti locali.
Il film si apre con un’intervista a Aldo Bonomi, studioso dei processi di sviluppo locale di quella che si diceva “terza Italia” e delle sue evoluzioni più recenti, a cui i contesti territoriali interessati dal progetto appartengono. Ciò quasi ad inaugurare la riflessione con un impulso interpretativo istruito e rappresentativo dell’orizzonte in cui si colloca il documento filmato. Bonomi, interviene in momenti diversi del film, e parla di “strade come percorso di lungo periodo”, come costrutto complesso fra cittadinanza, economie, valori, istituzioni.
Come era prevedibile, molti degli interventi a seguire si concentreranno sui rischi ambientali e sul possibile impatto della strada, fra questi il violoncellista Mario Brunello, che con particolare sensibilità restituisce alcuni caratteri paesaggistici che potrebbero essere messi a repentaglio. Se da un lato, la protezione ambientale sembra essere uno dei motivi dell’opposizione all’opera, legato al rischio di non poter controllare sufficientemente gli effetti del suo impatto, dall’altro, la Strada Pedemontana Veneta, sembra essere solo l’ultimo, in ordine di tempo, degli interventi, per usare ancora un’espressione di Aldo Bonomi, nella cosiddetta “città infinita”, intesa come un territorio esteso, estensivamente urbanizzato, noto per la sua non finitezza, per la mancanza di un disegno e di un sistema di gestione e controllo, caratterizzato per questo più dai flussi di merci e persone che lo attraversano indifferentemente piuttosto che dall’integrazione fra luoghi e abitanti, fra economie e comunità, fra ambiente e sistemi insediativi e infrastrutturali.
Tanto gli atteggiamenti a sostegno della protezione dell’ambiente, quanto quelli che, invece, vedono ancora in questa infrastruttura, un’occasione imperdibile di sviluppo e potenziamento delle economie locali, dopo una prima visione del documentario, sembrano non del tutto efficaci nel restituire con convinzione, finalità che rimangono incerte e contese. Incerte, contese e aperte, in una navigazione “a vista” che non sembra sapere esattamene dove orientare l’azione, quali “arcipelaghi” esplorare – per richiamare il sottotitolo del film - nella complessità liquida della società attuale.
Ruben Baiocco
Università IUAV di Venezia, Venezia, Italy
E-mail: baiocco@iuav.it
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