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I MIGRANTI MAPPANO L'EUROPA
MIGRANTS MAPPING EUROPE
Rovereto: interpretare le mappe
Nausicaa Pezzoni
BEYOND THE INABILITY OF A CONTINENT
Questioned about its welcoming policy which is dramatically showing the weakness of a community project reluctant to include the other than itself, Europe is called upon to reconsider its identity to fulfill the idea of plurality on which it was founded.
Barriers of barbed wire, of police task forces, of control and containment devices, are erected as walls against the epochal migration flow. These boundaries are constantly pulled down by the impetus of poverty and war pressure. Barriers deny the dynamism of a territory whose geography has been reshaped several times, even in recent history, by its shifting borders; furthermore, they refuse the mobility of populations in a globalized world which movement is the nature of time.
Barriers overshadow the raison d'etre of the continent that has been derived its "multiple unity" from cultural contamination generated by crossings. By denying what fundamentally features its identity and its present time, Europe is in danger of closing in on itself, seeing itself as a fortress, instead of thinking itself as a project of habitability whose conditions have been the premise and purpose of its formation.
These series of articles contributes to constructing an image and a project of the European territories beyond the boundaries of geographical and cultural identity, tied to a representation of itself excluding what has not already been included.
These articles offer an explorative path aimed at opening a dialogue with the immigrants, from the planner and territorial researcher's point of view, who might become a truly active and creative voice in giving shape and thought to our present time.
6 | ROVERETO: INTERPRETARE LE MAPPE
Le chiavi interpretative di questi disegni possono essere molte, e su diversi livelli di lettura della città: dalla conoscenza del territorio mostrata attraverso la rappresentazione al modo in cui i migranti si dispongono a esplorarla, dalla prevalenza di determinati elementi alla correlazione della presenza o meno degli oggetti urbani rappresentati con il periodo di permanenza sul territorio, alle diverse accezioni attribuite a ciascun elemento [12]. Fra i molteplici modi con cui le mappe possono essere osservate, nello spazio ridotto di questo articolo si prediligerà una lettura di sintesi, che faccia emergere complessivamente i tratti di quella che nel contesto di Rovereto appare come la 'geografia del primo approdo'.
Il primo dato saliente osservando la sequenza delle mappe è la differenza tra chi descrive un territorio diffuso, con insediamenti che si distribuiscono per lo più lungo una strada intersecata da una o più rotatorie, e chi rappresenta un centro abitato tutto contenuto all'interno di un perimetro chiuso. La maggior parte dei migranti intervistati abita in un campo profughi ai margini della città [13], e percorre ogni giorno a piedi o con l'autobus il tratto di strada che li divide da Rovereto. La relazione con lo spazio urbano si divide quindi tra chi evidenzia l'isolamento del luogo dell'abitare rispetto all'ambiente in cui è inserito, e chi invece rappresenta un tessuto continuo definito dai percorsi che compie quotidianamente per attraversarlo.
Nella mappa di Sambou Fofana la separazione tra il luogo dell'abitare e il resto della città è evidenziata da un cancello, che divide nettamente lo spazio occupato dal campo da quello in cui compaiono gli oggetti urbani come la chiesa, la stazione, i semafori, il parco, la fermata dell'autobus, un negozio, che identificano la città. Nelle mappe di Cheikh Camaya, di Lamin Bah e di Abu Bacar, la percezione dell'isolamento definisce la forma dell'intera città: circondato rispettivamente da un ovale definito da più linee di diversi colori, da un contorno verde che richiama una recinzione di siepi, e da una linea spezzata continua, quello che emerge da queste mappe è uno spazio urbano chiuso, da cui è difficile uscire, indipendentemente dal fatto che l'ambiente recintato sia il campo profughi o il complesso dei luoghi conosciuti e frequentati di Rovereto. In tutte e tre le mappe compaiono, oltre al campo "Marco", anche un negozio, la rotatoria, la stazione dei treni; il supermercato, il campo di calcio, il parco, il casinò; un ufficio, un negozio, la montagna; oggetti - riferimenti o nodi a seconda del senso attribuitogli nel disegno - collegati da percorsi all'interno del perimetro, in due casi anche con la descrizione dei mezzi di trasporto: il treno e l'autobus rappresentati sotto forma di vetture. Nella mappa di Abu Bacar appare anche l'autore del disegno: così come la mappa presenta un orientamento plurimo, può essere cioè ruotata e letta in diverse direzioni, anche l'autore si rappresenta con un orientamento doppio, il corpo in un verso e il viso nel verso opposto: comunicando una destabilizzazione, un ribaltamento dell'osservatore anche all'interno del campo osservato e rappresentato.
Il gruppo più numeroso delle mappe restituisce invece l'immagine di un ambiente aperto e continuo in cui compaiono tracciati stradali ed edifici, ma anche alberi, corsi d'acqua e montagne, che connotano fortemente il paesaggio di Rovereto. In queste rappresentazioni l'elemento che emerge con più evidenza è quello dei percorsi: fra il luogo abitato e gli spazi frequentati della città, come la scuola di italiano e la stazione dei treni; oppure fra il centro urbano di Marco e le città limitrofe, Rovereto, Trento, Riva del Garda, a indicare una mobilità dei migranti sul territorio molto elevata, e una conoscenza del contesto piuttosto dettagliata oltre che allargata sulla valle, a dispetto del breve tempo di permanenza di tutti gli intervistati. Sia dove compare una sola strada sia dove i tracciati stradali formano un sistema complesso di vie e di piazze, e in un caso cercano di riprodurre l'impianto topografico della città, gli spostamenti quotidiani sono ritmati da punti di riferimento ricorrenti: il benzinaio, il supermercato, una zona industriale, un parco, le rotatorie, che ci descrivono con sorprendente chiarezza uno dei territori della diffusione tipici del Veneto.
7 | LA GEOGRAFIA DEL PRIMO APPRODO
Ciò che il punto di vista dei migranti rivela nella geografia di questi luoghi è l'importanza di determinati riferimenti per chi è abitante temporaneo e vive ai margini della città.
Innanzi tutto i mezzi di trasporto pubblico come elemento fondamentale di fruizione dello spazio: in tutte le mappe compaiono autobus e relative fermate, stazione e ferrovia, ma anche molti percorsi a piedi, come si evince dai luoghi osservati dallo sguardo di chi cammina e si ferma ad esempio sotto un grande albero (mappa di Bah Saidou) o nei pressi di un ponte su un corso d'acqua (mappa di Lamin O Darboe), o di chi coglie da vicino i dettagli del territorio suburbano: l'icona-dinosauro che segnala il supermercato, gli incroci precisamente definiti con le strisce degli attraversamenti stradali (mappe di Masane Jallow e di Djallo Abdul). Elementi che trasmettono il ritmo del cammino, e soprattutto che stimolano riflessioni rispetto alle politiche di accesso ai trasporti e in generale rispetto allo sviluppo di un'abitabilità adeguata per le popolazioni che si trovino a vivere temporaneamente questo territorio.
Ma la geografia del primo approdo si rivela anche, e con particolare densità d'informazioni, attraverso quei confini che, tra i cinque elementi intorno a cui disegnare la mappa, sono i più difficili da individuare perché più astratti: sono i luoghi inaccessibili, quelli esclusi dalle proprie traiettorie perché temuti o perché ritenuti pericolosi o perché da evitare; sono le mura immaginarie della città.
Il confine a Rovereto è la montagna, una presenza costante, che compare in molte mappe non solo come sfondo del paesaggio abitato ma spesso identificata come confine: sembra vicina e tuttavia è irraggiungibile per chi non ha i documenti e non può allontanarsi dal campo profughi. Il confine coincide per molti migranti con il recinto del campo da cui si vorrebbe andare via; per Lamin Bah è la sala giochi del centro commerciale (segnalata come casinò) perché per i musulmani il gioco d'azzardo è proibito. Il confine è, nella mappa pluri-orientata di Lamin O Darboe, il corso d'acqua che attraversa la città, perché l'acqua corre veloce, "running water" reca scritto la striscia azzurra che lo identifica: è un confine perché gli ricorda il mare attraversato per arrivare in Italia, e il tratto percorso a nuoto per salvarsi dal naufragio del barcone su cui viaggiava.
Interpretare le mappe richiederebbe, a Rovereto come altrove, di soffermarsi su molte altre letture, lasciando affiorare i significati inattesi e molteplici dell'abitare il primo approdo che ciascun migrante, nella sua immagine della città, esprime, e che le mappe compongono nella loro complessità e varietà.
Quella del confine, e dell'accezione particolare di confine incontrata in quest'ultima mappa, mi sembra una soglia su cui arrestarsi nell'indagine su Rovereto fin qui descritta; una soglia che apre a sua volta spunti di riflessione molteplici.
Ne accenno uno, in correlazione a un monumento della storia urbana contemporanea che l'osservazione della mappa di Lamin O Daborbe richiama. E' il Memoriale per gli ebrei assassinati d'Europa, progettato da Eisenman nel cuore di Berlino, che disegna un brano di città composto di 2711 pilastri a quote diverse e con diversa inclinazione, i quali costruiscono una gigantesca griglia deformata da attraversare liberamente [14]. Si tratta di un monumento sempre aperto, come il resto della città; un quartiere in cui ci si può imbattere passeggiando per il centro. Eisenman compone nella struttura di Berlino una griglia astratta che diventa tessuto urbano: diventa un brano di storia della città in cui il visitatore è incluso, e dove la città stessa si mette in relazione con una sua parte ferita che si fa abitabile, pur nell'esperienza destabilizzante che il visitatore è chiamato a compiere attraverso questa ferita.
Nel disegno di Lamin, l'autore rappresenta nell'immagine di Rovereto un evento drammatico del suo vissuto più recente, una ferita che si fa abitabile, pur essendo raffigurata come confine, cioè come luogo temuto, o da evitare: una ferita che diventa abitabile proprio nell'attraversamento (conoscitivo) che il migrante è chiamato a compiere per poterla disegnare.
NOTE:
[12] Sono queste alcune chiavi interpretative attraverso cui è stato possibile, per esempio, a Milano, leggere una città che include, che attrae, che divide, che mette in relazione o che si fa temere, a seconda della densità e dei significati di cui si caricano i suoi spazi nelle rappresentazioni dei migranti che si dispongono ad osservarla.
[13] Si tratta del Campo d'accoglienza della Protezione Civile situato presso Marco di Rovereto (TN).
[14] Non ci sono infatti direttrici privilegiate o fulcri prospettici, potendo scegliere fra i 54 assi in direzione nord-sud e gli 87 in quella est-ovest. Il Memoriale per gli ebrei assassinati d'Europa è uno dei casi inseriti da Adachiara Zevi tra i "monumenti per difetto" che nella storia d'Europa hanno rotto il paradigma della monumentalità: monumenti in cui sia stata sottratta la monumentalità (Zevi A., 2014, Monumenti per difetto. Dalle Fosse Ardeatine alle pietre d'inciampo, Donzelli Editore, Roma).
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