inu study day mobility rigenerazione urbana tools and techniques fabrication ecology news climate change demography urban design urban growth call for articles Communication waterfronts & harbors anthropology urban theory city-regions composition strategic planning European policies globalization local plans ricerca agriculture conservation & preservation
NUOVI CONDENSATORI
DI SOCIALITÀ URBANA
Lucina Caravaggi
"Socially useful landscapes" gathers the results of a research work carried on by DIAP Department of Architecture and Design, "Sapienza" University of Rome for the Regione Lazio, and committed to social marginalization issues or, more specifically, to the spaces and the stakeholders involved into the counter-actions to stop its rise. The endorsed hypothesis is that facilities dedicated to sheltering individuals in needs, or committed to social and professional rehabilitation of struggling minors , youths and adults can no longer be considered as enclosed or isolated spaces but rather as actual social condensers, spaces of meeting and dialogue, where sociability feeds new ways of solidarity, innovative economies and resilient spaces. The contribution summarizes the outcomes of the research and aims to explain the reasons that pushed a university research group made up by architects, urban designers, landscape designers and photographers to tackle these issues, reasons that go beyond the personal civic commitment of each one of them.
Con 'Paesaggi socialmente utili' abbiamo tentato di raccontare una ricerca dedicata ai temi della marginalità sociale, o più esattamente agli spazi e ai soggetti variamente coinvolti nel contrastarne l'avanzata. Lo studio ha esaminato le realtà di Roma e del Lazio, con l'intento di suggerire progetti per nuovi possibili paesaggi 'socialmente utili'.
Si tratta di una ricerca svolta dal DiAP Dipartimento di Architettura e Progetto di 'Sapienza' Università di Roma per la Regione Lazio, in un periodo molto turbolento per il settore delle Politiche Sociali, toccato dagli scandali di Mafia Capitale. Sullo sfondo non solo la sempre più minacciosa 'emergenza povertà', il susseguirsi degli arrivi dei migranti, le attese di una riforma amministrativa continuamente tradite, le numerose iniziative dal basso 'per fare qualcosa' contro la crescente marginalizzazione dei cosiddetti soggetti deboli, iniziative positive e allo stesso tempo disperate, ma anche una pesante contrazione delle finanze pubbliche destinate al welfare.
Perché un gruppo di ricerca universitario formato di architetti, urbanisti, paesaggisti e fotografi ha deciso di occuparsi di questi temi, andando oltre il personale coinvolgimento di cittadini impegnati?
Per alcune buone ragioni, che proverò a richiamare.
a. Osservando la Roma più anonima e intristita, le zone "in attesa di riqualificazione" (attesa destinata a durare a lungo) poco vitali e molto insicure, non necessariamente lontane dal centro ma distanti, per motivi diversi, dalla "centralità urbana", ci siamo imbattuti in attività-soggetti-strutture variamente coinvolti nel contrasto alla marginalità sociale. Non centri di prima accoglienza (connessi alle molte emergenze) ma strutture complesse e radicate nei contesti di appartenenza, non solo rivolte a supportare minori, adulti in difficoltà e anziani, ma anche capaci di sviluppare occasioni di convivenza e socialità urbana che sono apparse così rare e preziose da meritare una maggiore attenzione. Partecipando a feste, incontri, cene e concerti abbiamo cominciato a chiamare queste strutture "condensatori di socialità", prendendo in prestito il significato di questa definizione da Giancarlo Mazzanti e dai suoi primi progetti sudamericani (figura 1).
b. Cominciando a dialogare con i soggetti direttamente coinvolti nelle attività di contrasto alla marginalità sociale, sia utenti che care-givers, abbiamo scoperto che è in atto un profondo mutamento all'interno di questo mondo, sintetizzabile in alcune affermazioni: ripartire dai bisogni e non dai protocolli burocratizzati, guardare alla persone e non alle categorie di servizi da erogare (oggetto di una parcellizzazione settorializzata sempre più difficile da comprendere e da gestire), aprirsi alla socialità, dialogare con i contesti sociali ed economici, ricreare un tessuto di relazioni che favorisca occasioni concrete di inserimento, relazioni sociali accettabili e una reale possibilità di reintegrazione dei soggetti in difficoltà. Si comincia insomma a contrastare la tendenza verso l'eterotopia, utilizzando la nota definizione di Foucault [1], per cui anche i casi più positivi di assistenza si caratterizzano come «mondi esclusivi e protetti, all'interno dei quali si beneficia di relazioni sociali positive, magari senza aver mai l'occasione di entrare in contatto con quegli spezzoni di quartiere vicini ma socialmente distanti» (Magatti 2007: 443).
In altre parole non è più possibile isolare quel vasto «mondo di reietti» (Bauman, 2004: 102) che evoca timori incontrollabili, suscita ostilità aperta e desideri di allontanamento, come sostiene Bauman, perché è «solo una linea sottile [quella che] separa i disoccupati, specialmente quelli cronici, dal precipizio, dal buco nero dell'underclass» (Bauman, 2005: 12).
Non si sopravvive al disagio senza aspirazione al futuro che, come suggerisce Appadurai costituisce il presupposto per reagire attraverso la messa a punto di qualche abilità o competenza [2] (figura 2).
c. Constatando come, alcuni spazi specializzati e dedicati ai Servizi sociali finivano per ostacolare il cambiamento auspicato, mentre spazi più 'rimediati', meno definiti funzionalmente e quindi più flessibili, garantivano prestazioni migliori e a un costo decisamente più basso, influenzando in maniera diretta e positiva i contesti urbani di appartenenza, abbiamo ipotizzato che le nuove strutture dedicate agli 'ultimi' potessero diventare dispositivi di progetto utili alla trasformazione urbana (figura 3).
La città contemporanea ha sicuramente bisogno di nuovi tipi di condensatori di socialità.
Poiché è ormai evidente che solo quando è presente un sistema di scambi a carattere orizzontale tra servizi specializzati e attività di socialità allargata è possibile, lentamente, attivare un processo di coinvolgimento delle comunità 'protette' nei quartieri circostanti, il territorio di Roma offrirebbe una grande quantità di occasioni per sperimentare la messa a punto di nuove reti di relazioni tra attori sociali differenti. A partire dagli spazi urbani, soprattutto da quelli abbandonati-inutilizzati-degradati, ed in particolare dagli straordinari frammenti di campagna romana incastrati nello spazio costruito e dalle vaste porzioni di territorio agricolo ancora coltivato, caratterizzati da indici elevati di biodiversità e centinaia di casali abbandonati per i quali si invoca da anni un uso pubblico dedicato al sociale [3]. Si tratta spesso di spazi abbandonati di proprietà pubblica che potrebbero fruttuosamente diventare motori di nuove forme di "socialità aperta", se supportati da politiche pubbliche degne di questo nome.
Abbiamo proposto e sperimentato anche alcuni principi di progettazione ravvicinata condensati in 'sette parole chiave', esito di un confronto piuttosto impegnativo con i diversi soggetti impegnati nelle attività di contrasto alla marginalità che ha assunto la forma di laboratori di vera e propria co-progettazione (figura 4, figura 5).
Anche e soprattutto in questo caso, si è inteso affermare il carattere aperto del progetto di architettura, richiamando alla memoria le parole di De Carlo del lontano 1973: «Dico subito che secondo me l‟architettura del futuro sarà caratterizzata da una partecipazione sempre maggiore dell‟utente alla sua definizione organizzativa e formale. Oppure – facendo uno sforzo per non confondere troppo quello che accadrà con quello che vorrei accadesse – dirò che secondo me gli architetti contemporanei dovrebbero fare di tutto perché l‟architettura dei prossimi anni sia sempre meno la rappresentazione di chi la progetta e sempre più la rappresentazione di chi la usa» (De Carlo 2013: 38).
Abbiamo dedicato questo libro a Bernardo Secchi, che ci ha insegnato a riconoscere e contrastare la marginalità urbana evitando ogni argomentazione retorica.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Appadurai A. (2011), Le aspirazioni nutrono la democrazia, et.al. edizioni, Milano.
Bauman Z. (2004), Vite di scarto, Laterza, Bari-Roma.
Bauman Z. (2005), Fiducia e paura nella città, Bruno Mondadori, Milano.
Foucault M. (2011), Spazi altri – luoghi delle eterotopie, a cura di Salvo Vaccaro, Mimesis, Milano-Udine (testi del 1964, 1967, 1972, 1982, in: Foucault M. (1994), Dits et ecrits, Gallimard, Paris).
Magatti M. (a cura di, 2007), La città abbandonata. Dove sono e come cambiano le periferie italiane, Il Mulino, Bologna.
De Carlo G. (2013), L'architettura della partecipazione, Quodlibet, Macerata (ed. or. J.M. Richards, P. Blake, G. de Carlo, L'architettura degli anni Settanta, il Saggiatore, Milano 1973).
COPYRIGHT
Fotografie di © Alessandro Cimmino
NOTE
[1] Cfr. Foucault M. (2011), Spazi altri – luoghi delle eterotopie, a cura di Salvo Vaccaro, Mimesis, Milano-Udine (testi del 1964, 1967, 1972, 1982, in: Foucault M. (1994), Dits et ecrits, Gallimard, Paris).
[2] Cfr. A. Appadurai, Le aspirazioni nutrono la democrazia, et.al. edizioni, Milano 2011.
[3] Le specie vegetali spontanee rilevate all'interno del Grande Raccordo Anulare (35.000 ettari) sono 1.300 (che rappresentano il 20% della flora italiana. Con 51.729 ettari di superficie agricola (apri al 40% della superficie totale del territorio comunale) Roma è il più grande comune agricolo d'Europa e benché le aziende agricole attive siano numerosissime i casali abbandonati superano le 10.000 unità. Cfr. Numeri e primati della Quarta Roma: www.comune.roma.it/pcr/it/newsview.page?contentId=NEW151060.
Lucina Caravaggi | Architetto e professore di Architettura del Paesaggio nel Dipartimento di Architettura e Progetto della Sapienza, Università di Roma. Membro del Collegio dei docenti del Dottorato in Paesaggio e Ambiente della Sapienza. Autrice di numerosi piani sui temi della progettazione ambientale e paesaggistica a livello nazionale e internazionale.
Email: lucina.caravaggi@uniroma1.it
DOWNLOAD THE ARTICLE!
• This article must be quoted as: Caravaggi L. (2017), "Nuovi condensatori di socialità urbana", Planum. The Journal of Urbanismn. 34 vol I/2017, Roma-Milano, pp. 1-9.
Related articles:
Planum
The Journal of Urbanism
ISSN 1723-0993
owned by
Istituto Nazionale di Urbanistica
published by
Planum Association
ISSN 1723-0993 | Registered at Court of Rome 4/12/2001, num. 514/2001
Web site realized by ChannelWeb & Planum Association | Powered by BEdita 3